DIMITRI

 



Era una notte stellata di Ferragosto, eravamo in sei in un luogo sconosciuto dell'Est Europa. Eravamo esausti e trascinavamo le valigie con le nostre ultime forze rimaste dopo una traversata estenuante di quasi dodici ore. Era mezzanotte passata e non avevamo ancora trovato un posto in cui passare la notte, io e gli altri, ormai escogitavamo un modo per passare la notte in strada sperando di non svegliarci il mattino seguente con solo le mutande addosso a coprire le nostre nudità.

Nell' estate del 2010 Sunny Beach, una località turistica sul Mar Nero in Bulgaria, era una delle mete più ambite. Una meta desiderata e soprattutto economica, eravamo giovani e squattrinati e non tutti potevano permettersi Ibiza o Mikonos.

Comprammo un biglietto di aereo per Sofia e poi da lì prendemmo un bus che ci portò a Sunny Beach. Il mezzo ci impiegò otto ore per arrivare a destinazione, eravamo consapevoli che sarebbe stata un' odissea ma avevamo dalla nostra l'incoscienza della gioventù.

Il gruppo inizialmente era più numeroso poi man mano che si avvicinava la data della partenza si sfoltì sempre di più. Le motivazioni erano le più svariate: c'era chi aveva trovato l'amore, e si sa “Al cuor non si comanda”; chi aveva perso il lavoro e non poteva più permettersi una vacanza, senza soldi non si cantano messe, figurati una vacanza; e chi aveva trovato lavoro ed essendo l'ultimo arrivato non poteva permettersi di chiedere le ferie ad agosto. Il classico dilemma amletico: hai i soldi ma non il tempo e poi quando hai il tempo non hai i soldi. Ah... la vita spesso è complicata!

Rimanemmo in sei, gli irriducibili, quelli che avevano lottato contro l'amore, il lavoro e i mostri, se fosse stato necessario, per vivere quella esperienza indimenticabile.

Eccoli in ordine casuale:

Ciccio, detto “Dracula” per via dei canini sporgenti.

Luca, detto “O' nano” per via della bassa statura .

Lino, detto “Fior di fragola” per la passione sfrenata per il famoso gelato.

Raffaele, detto “Uomo ragno” per l' estrema abilità nell'arrampicarsi.

Tony, detto “Alain Delon” per l' aspetto gradevole e le naturali doti seduttive.

E infine io, Leo, detto “O' filosofo” per le riflessioni profonde e spesso contorte.

Avevamo ormai girato tutti gli hotel, ostelli e qualunque cosa ci sembrasse un posto per passare la notte. Molti di noi non spiccicavano una parola in inglese e quasi sempre entravo io a chiedere con il mio inglese alla “Google translate”.

<<Please, do you have a place to spend a night?>> chiedevo con un marcato accento napoletano.

<<No, i'am sorry. We are full!>> mi rispondevano tutte le volte.

Ormai la rassegnazione aveva pervaso tutti noi, e avevamo già individuato un posto dove passare la notte in strada, un porticato di un negozio di souvenir. Ci sedemmo sconsolati con le spalle al muro, ognuno di noi aveva la propria valigia tra le gambe, eravamo stanchi morti. Iniziammo a stabilire i turni di veglia per evitare di essere derubati, nel frattempo decido di accedermi una sigaretta e mi accorgo che l'accendino non mi funziona più. L'unico che fumava nel gruppo oltre me era Tony ma lui già da qualche ora si affidava a me per accendere le sigarette. Dovevo fumare. Sarei arrivato ovunque per trovare un accendino ma ero sfinito e ormai non passava anima viva, erano tutti in centro a fare baldoria. Quando ormai anche le speranze di fumare una sigaretta stavano svanendo, da lontano vidi avvicinarsi un uomo. Man mano che si avvicinava riuscivo a vederlo meglio, era un uomo di mezz'età avrà avuto ad occhio una cinquantina d'anni, camminava tranquillo con una mano in tasca e con l'altra teneva tra le dita una sigaretta che ogni due tre passi portava alla bocca per fumare. Mi alzai di scatto, era probabilmente la mia ultima occasione per fumarmi una sigaretta, gli andai incontro lentamente e quando ero a circa un metro da lui gli dissi, sempre con il mio inglese alla “Google translate”: <<Please, do you have a lighter?>>

Si fermò, si portò la sigaretta in bocca e con la mano rimasta libera rovistò per un po' nella tasca e alla fine tirò fuori il tanto desiderato accendino.

Me lo porse, mi accesi la sigaretta e tirai due boccate come se mi fosse mancata l'aria per ore, la nicotina entrò in circolo e iniziò a fare effetto, quella sensazione che senti dopo che non fumi per un po' di tempo e che solo i fumatori conoscono.

<<Italiano?>> mi chiese, riconoscendo il mio accento.

<<Sì, italiani!>> risposi, indicando gli altri seduti con le spalle appoggiate al muro.

<<Siamo appena arrivati ma non abbiamo trovato nessun posto per passare la notte. Ci stiamo organizzando per passare la notte qui>> gli dissi con rassegnazione.

<<Per caso lei ci sa indicare qualche posto?>> domandai in automatico.

<<Mmm... Stanotte no. Domani.>> rispose con il suo italiano alla “Google translate”.

La risposta non ci deluse, ormai l'avevamo già sentita molte volte ed eravamo rassegnati.

<<Aspetta... faccio chiamata!>> esclamò inaspettatamente.

Si allontanò e iniziò a parlare al cellulare.

Dopo qualche minuto si avvicinò e mi disse: <<Amico... Stasera avere solo una camera per due. Stanotte dormire tutti lì, poi domani sistemare.>>

Di scatto si alzarono tutti come se avessero visto dinnanzi a loro la Madonna in carne ed ossa.

<<Andiamo, andiamo... subito!>>, esclamò Tony.

E tutti insieme ci avviammo seguendo Tony e il nostro salvatore trascinando le valigie.

Dopo qualche minuto camminando tra le viuzze di Sunny beach arrivammo. Il posto era un hotel supermoderno, l'esterno era tutto in vetro, sembrava un grattacielo nel bel mezzo del centro finanziario di una città.

Entrammo e dalla hall ci venne confermata l'impressione avuta dall'esterno, era curato nei minimi particolari: il bancone dell'accoglienza in marmo pregiato, i divanetti in velluto, il lampadario in cristallo. Era, se paragonato agli standard italiani, come minimo un hotel 4 stelle. Ci guardammo tutti e senza parlare ci capimmo con gli occhi, la domanda che ci facemmo fu: “Quanto cazzo costa dormire qui?”, il nostro budget era limitato e dovevamo gestirlo per tutta la durata della vacanza. Ma poi ci guardammo e sempre senza parlare ci capimmo ancora, la risposta che ci demmo fu: “L'importante è che stanotte non dormiamo in strada, poi domani vedremo!”.

Prima di salire in camera, accompagnati da un hostess mozzafiato, salutammo l'uomo che ci salvò quella notte, mi avvicinai a lui e gli dissi:

<<Grazie mille... Ci hai salvato, amico!>>

<<Tranquillo, domani tornare qua.>> rispose salutando con la mano e avviandosi verso la porta.

<<Aspetta un attimo!>> urlai fermandolo sull'uscio della porta.

<<Come ti chiami?>>

<<Dimitri!>>

<<Piacere, Leo!>> risposi porgendogli la mano.

<<Piacere mio!>>

Ci stringemmo la mano e ci guardammo negli occhi per qualche secondo, poi mollammo la presa insieme e lui si girò per tornare dove era diretto prima di incontrarci.

Quella notte dormimmo (dormire è un eufemismo) tutti in una camera di circa venti metri quadri e un solo letto matrimoniale, ci alternammo a stare sul letto mentre gli altri dormivano per terra. Non fu una delle nostre migliori dormite ma l'importante era essere al sicuro dalle intemperie e dai malpensanti della strada.

E, soprattutto, incontrammo Dimitri che, oltre ad averci salvato quella notte, ci accompagnò per tutta la durata della vacanza. Diventò la nostra guida, ci indicava dove mangiare, in quale locale andare e in quale no, ed altre cose che qui non posso riferire.

Fu una vacanza indimenticabile. Una di quelle che quando ritorni a casa hai il magone per mesi ricordando le esperienze vissute.

Nelle storie, specialmente quelle a lieto fine, ad un certo punto arriva qualcuno a salvare il protagonista in difficoltà cambiandogli il destino che fino ad allora sembrava triste e segnato... Fu così anche per noi è il nostro salvatore aveva un nome: DIMITRI.





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